di Giovanna Cavalli
«Maurizio mi chiese: “Secondo te, quando si va all’altro mondo, di là che succede?” Risposi: “Non lo so, però si va a stare meglio”. “E potrò avere un televisore?”. “Non credo”. “Sai che noia allora”. “Ma no, vivrai nella pace del Signore”. Vabbè, allora facciamo che chi arriva primo aspetta l’altro».
Migliori amici da 50 anni, Maurizio Costanzo e Giorgio Assumma, 88, ex presidente Siae, avvocato e confidente di molte star di cinema e tv, si conobbero nel 1973. «Ero presidente della Rusconi Film, lo contattai per un biopic su De Gasperi, poi la politica ci impose Rossellini. Lui non se la prese: “Le cose al mondo vanno così”. Da allora però non ci siamo più persi. Almeno una telefonata al giorno, caffè ogni lunedì e mercoledì al bar Vanni, davanti alla Rai. Mi chiedeva un giudizio su ogni suo progetto, io consiglio sulle cause legali, mai uno screzio».
Al teatro Parioli, per il Maurizio Costanzo Show, c’era sempre una poltrona in prima fila prenotata per Assumma. «“Se ci sei tu io mi sento più tranquillo”. L’unica volta che mancai gli misero la bomba in via Fauro. Da allora Maurizio mi fece promettere che non avrei più perso una puntata».
Fu Giorgio a presentargli la signorina De Filippi. «Maria era una brillante laureata in legge, consulente dell’associazione fonografici italiani, a Milano. La sentivo spesso. Mi chiese se potevo trovarle un moderatore famoso per un convegno sulla pirateria discografica a margine della Mostra di Venezia. Baudo era impegnato, Vespa pure, Maurizio traccheggiò e infine accettò. Maria venne a prenderci in aeroporto, lui manco la guardò, quasi seccato. Al Lido, scesi dalla barca, si fece sotto un fotografo. Al che Maurizio le disse secco: “Per favore, dottoressa, mi resti lontana, non voglio paparazzate”. E anche a cena la fece sedere dall’altra parte del tavolo. Tornammo a Roma e per due volte l’aereo incontrò una brutta turbolenza sopra Tarquinia, il pilota atterrò in verticale, manovra rischiosissima, che paura. “Siamo stati fortunati, oggi comincia una nuova vita”, commentammo una volta a terra».
E infatti. «Dieci giorni dopo, era sabato, incontrai Maria in un bar di viale Mazzini. “Sono venuta a trovare una zia”. Finsi di crederle. Il lunedì Maurizio mi disse: “Sai, quella dottoressa De Filippi è in gamba, la vorrei come assistente”. E così andò».
Tutto il resto è vita. Nozze in Campidoglio nel 1995, celebrante Francesco Rutelli, ricevimento per cento invitati a villa Assumma. «“Grazie a te ho trovato la donna che sognavo, quella che vorrei guardare negli occhi quando me ne andrò”, mi confidò.
Ogni agosto partivamo tutti per Ansedonia. Alle 7, noi due soli, facevamo colazione leggendo i giornali, poi Maurizio si metteva a mollo in piscina, senza nuotare, fermo nell’acqua con la testa di fuori. Si portava dietro le cassette dei film di Totò, li avrà visti decine di volte, quanto rideva. La sera si andava a ballare il liscio in un paesino della Maremma, con l’orchestrina del posto, lui solo i lenti però, quelli del mattone, si divertiva. Dopo tre giorni di ferie però cominciava a smaniare, non riusciva a stare senza lavorare. “Beato te”, mi diceva quando ripartivo per Roma.
Prima di conoscere Maria non aveva mai fatto una vacanza. E non si era mai messo a dieta. Una mattina, a San Giuseppe, prendemmo un caffè e, dietro mia insistenza, pure una piccola zeppola con la crema. Nel pomeriggio tornai nello stesso bar e il titolare mi disse: “Sa avvocato, quel suo amico è ripassato e si è mangiato dodici bignè, uno dopo l’altro”. Poi è arrivata Maria che lo teneva a stecchetto e chiedeva alle segretarie di farle la spia, se il marito sgarrava. Maurizio di nascosto si comprava le caramelle».
Si sono sentiti l’ultima volta giovedì.
«Gli ho telefonato in clinica. Maurizio stava molto meglio, aveva superato bene il piccolo intervento, una sciocchezza, nessuno di noi era preparato al peggio. Era di ottimo umore, abbiamo parlato di lavoro, di una nuova sceneggiatura per il cinema, di un contratto per la tv. Mi ha salutato così: “Ci vediamo presto, tanto non questa, ma la prossima settimana esco”.
E invece una polmonite se l’è portato via. Il giorno dopo è morto. Era il mio unico vero amico. Adesso con chi parlerò?”