di Nicola Porro
8 agosto – Ieri l’istat ha certificato che l’italia é ritornata in
recessione: la sua ricchezza diminuisce. Negli ultimi tre anni, non ci
eravamo ancora accorti di esserne usciti. Oggi gli economisti ci
spiegheranno il perché. Non ascoltateli. La gran parte sono diventati
come i becchini, ci spiegano, semmai, perché il paziente é deceduto a tragedia avvenuta. Bella forza.
Ci permettiamo di fare un elenco micro (economico) per far capire
come mai le questioni macro (economiche) non girano per il verso giusto.
Tutto si affannano a parlare di numeri (macro), ma il problema è di comportamenti.
É del tutto evidente che il buon senso, pensando all’attuale premier,
ci sia, ma che per paura del senso comune venga sconfitto. Andiamo per
ordine.
Il
pil non cresce perché a quattro sindacalisti si permette di bloccare i
bagagli dell’alitalia, ad un violinista e qualche suo socio si consente
di fermare le rappresentazioni dell’opera di Roma e alla minoranza dei
metalmeccanici é stato consentito di mettere in discussione in tribunale
le decisioni di Marchionne sulla Fiat. Chiaro? Siamo un po’duri e
antisindacali? E chissene frega di questo senso comune. Il buon senso
dice che l’occupazione la creano le imprese e che la parte debole e da tutelare oggi siano loro.
Il pil non cresce perché un guru della cultura italiana, Settis,
scrive su Repubblica che é disgustato delle file al Louvre; perché un
vicepresidente emerito della Corte Costituzionale, Maddalena, scrive che
i giovani che occupano il Teatro Valle sono dei volenterosi; perché
invece di ringraziare uno come Della Valle che ha messo qualche
milioncino per pulire il Colosseo lo abbiamo ostacolato in tutti i modi;
perché il sindaco Marino ha trovato un paio di milioncini per la festa
dell’orgoglio Rom e non un euro bucato per celebrare i 2000 anni del
mausoleo di Augusto.
Siamo un po’ tranchant? Se aveste un albergo a Roma, pagando
una supertassa di soggiorno, e dovendo difendere i vostri clienti dagli
assalti alla stazione Termini, la pensereste come noi. Se vi
fate un mazzo cosí e vi dicono che i vostri tavolini a piazza Navona
sono illegali, e nel frattempo si dá spazio a bivacchi di evasori totali
con borsette di marca ma false, bé allora il vostro spirito sarebbe
simile al nostro.
Il pil non cresce perché siamo riusciti ad indagare Finmeccanica, una delle nostre poche industrie manifatturiere, e poi dopo qualche anno ci siamo accorti di aver esagerato.
Abbiamo praticamente ucciso, senza ancora una sentenza che sia una, una delle piú importanti industrie siderurgiche europee, come l’Ilva. Non trivelliamo l’adriatico dove c’é un mare di petrolio e 15 miliardi
di investimenti privati da fare, perché si rovinerebbe il panorama, ma
nelle prossime settimane partono le esplorazioni di tutti gli altri
paesi prospicenti che non vedono l’ora di succhiare l’oro nero.
La Regione Toscana ha di fatto messo per strada 20mila
lavoratori delle cave di marmo, le stesse del monte Altissimo di
Michelangelo, per fare un parco naturale. Un grande scultore
come Giovanni Manganelli ha definito il nostro sfruttamento di quelle
aree come un misero graffio su montagne impetuose. Un altro regalo ai
nostri concorrenti.
Il
pil non cresce perché dobbiamo aderire all’embargo dell’unico paese che
ha una buona dose di miliardari che ci amano, come la Russia; perché abbiamo spernacchiato l’intesa con la Libia di Gheddafi
subendo le prevaricazioni dei francesi e oggi facciamo fatica con i
nostri interessi lá, mentre siamo inondati da clandestini qui; perché al
nostro ministero della sanitá si occupano del colore della
pelle della fecondazione eterologa e non della peste suina in Sardegna
che ci impedisce di esportare i nostri insaccati in ricchi mercati
esteri. Il buon senso direbbe che la nostra politica estera sia
rivolta a fare business, noi pensiamo ad utilizzarla per liberare un
posticino all’interno del governo per procedere ad un possibile
rimpasto.
La
lista, incompleta, potrebbe durare molto. E chi attribuisce al solo
premier Renzi la colpa della recessione, fa un gioco miope. Certo era
meglio piazzare i dieci miliardi di sgravi fiscali alle imprese. Ma non
sarebbe bastato comunque a raddrizzare il legno storto della nostra
economia.
Ha ragione il premier a perseguire con forza riforme istituzionali
che spuntino i poteri delle regioni e rendano l’esecutivo piú forte e il
bicameralismo piú debole (la settimana scorsa le due camere hanno
legiferato in modo contrapposto sull’assurda norma che pone limiti
all’uso del contante per gli stranieri).
Ma la vera battaglia per riprendere a crescere é quella del buon senso. É riprendere a credere che
i quattrini e l’occupazione vengono fatti solo dalle imprese e che lo
stato deve fare di tutto per metterle nelle condizioni di competere al
meglio. Meno tasse certo, ma é tutto il resto che oggi ci soffoca. Prima l’impresa e poi lo Stato, prima l’individuo e poi il burocrate e la sua norma. (Imolaoggi)