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sabato 27 luglio 2024

“Grazie per avermi dato voce”: ora anche Bossetti commenta la serie tv su Yara Gambirasio


“Ho visto ‘Oltre ogni ragionevole dubbio’ e mi ha fatto molto emozionare. Descrivere l’angoscia che ho provato nel vederlo è quasi impossibile, il cuore ora come allora mi scoppia dentro”: a parlare, dopo che da giorni si discute della serie Netflix su Yara Gambirasio, è Massimo Bossetti, l’uomo condannato per l’omicidio della tredicenne.

A cura di Susanna Picone

Da giorni il caso di Yara Gambirasio è tornato sui giornali, nonostante siano passati 14 anni dall’omicidio e c’è un condannato in via definitiva per il suo brutale omicidio. Se ne parla di nuovo grazie alla serie Netflix “Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio”, che vede tra i protagonisti proprio l’uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra, Massimo Giuseppe Bossetti

Muratore di Mapello, sposato e padre di tre figli, Bossetti venne arrestato nel 2014, circa quattro anni dopo l’omicidio di Yara, in seguito a lunghissime indagini grazie alle quali si è scoperto che era suo il dna trovato sugli indumenti intimi della vittima. Quel profilo genetico ha rappresentato per l’accusa e per i giudici che lo hanno ritenuto colpevole dell’omicidio la parte centrale di un importante complesso accusatorio che comprende anche molti altri elementi.

Nella serie Netflix Bossetti, che mai ha ammesso l’omicidio di Yara, ha una parte da protagonista, tanto che per l’avvocato della famiglia Gambirasio si tratta di un prodotto costruito proprio per convincere della sua innocenza.

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Lui racconta la sua verità davanti alle telecamere e ora, con poche righe inviate a Marco Oliva, conduttore di “Iceberg Lombardia”, commenta anche i 5 episodi della serie.

“Mi ha fatto molto emozionare – scrive Bossetti -. Descrivere l’angoscia che ho provato nel vederlo è quasi impossibile, il cuore ora come allora mi scoppia dentro”. E ripercorre, di nuovo, anche i momenti dell’arresto e poi la detenzione: “Prima la paura. Tanti, tanti militari tutti addosso a me che non capivo nemmeno cosa stesse succedendo. Poi, sdraiato nella mia branda, nelle solitudini, nelle sofferenze delle mie notti quasi a scandire con forza il passare del tempo”.

Quindi la richiesta di partecipare alla serie tv: “Quando davanti alle telecamere avrei voluto raccontare tutto, svuotare il sacco delle emozioni, batteva tanto forte che i fonici hanno dovuto interrompere le riprese: il battito era troppo forte. Disturbava i microfoni. Rivedermi, rivivere ogni istante fa male, ma voglio ringraziare per avermi dato voce”.