Alla fine della guerra di Ucraina noi cittadini europei ne usciremo vincenti ma morti di freddo e un po' più sporchi. Faremo qualche sacrificio, ma vuoi mettere la soddisfazione di aver fatto un dispetto all'uomo del Cremlino! È questa la concezione della storia che ha non un frequentatore di un pub di Dublino, o di un bar dello sport di un qualsiasi paesino italiano, ma nientemeno che la vicepresidente esecutiva della Commissione Europea, nonché Commissario per la concorrenza, Margarethe Vestager.
La quale, in una conferenza live di Politico a Bruxelles, ha rivolto al cittadino europeo questo surreale appello, subito rilanciato con malcelato autocompiacimento sul suo profilo social di Twitter: ognuno può fare due cose per dare il suo contributo nella guerra commerciale che si è aperta con la Russia dopo l'invasione della Crimea: controllare la doccia propria e dei teenagers, affinché non ci siano sprechi inutili di acqua calda, e dire mentre chiude il rubinetto: «Putin, prenditi questo!».
Se per Hegel la storia è una tragedia e somiglia ad un «mattatoio» per la continua strage di vittime innocenti che le guerre mietono, per la donna politica danese essa è una serie di dispettucci e di sfoghi che ognuno può prendersi nei confronti del potente di turno. Il quale non è un «individuo cosmico-storico», per dirla sempre con Hegel, che solo la ragione e la forza possono sconfiggere, ma un bulletto di periferia che con una pernacchia o con il gesto dell'ombrello può essere messo a tacere o addirittura fuori gioco.
Se poi Winston Churchill aveva promesso solo «lacrime e sangue» agli inglesi accerchiati da Hitler, Vestager propone una più "sostenibile" guerra dei rubinetti. Che, fra l'altro, farà contenti tutti coloro che, non avendone ancora verificato sulla propria pelle gli effetti, prendono per serie le politiche draconiane proposte dai teorici della "decrescita felice" e da Greta Thunberg. La quale non a caso, quando andò a Bruxelles ad accusare di lassismo ambientalistico i leader europei, cioè ad insultarli a casa loro chi la ospitava, si trovò, insieme a Ursula von der Leyen, la stessa Vestager in prima fila ad applaudire.
Il fatto che la Vestager, che secondo la rivista Fortune è fra le prime dieci donne più potenti (al settimo posto per la precisione), sia un esponente di punta di quel gruppo parlamentare, l'Alde, che ha usurpato il nome di "liberale" ed è invece campione del più ottuso "correttismo politico" non fa che chiudere ai nostri occhi il cerchio. Non è forse proprio il politically correct in salsa nordica e scandinava il trionfo del pensiero vuoto e banale, di un'etica a buon mercato che si converte nel suo contrario e in ideologia? Tutto si tiene. E tutto sarebbe solo da ridere se non fosse che è con questo sistema di pensiero (si fa per dire) e con questa classe dirigente che l'Europa si appresta ad affrontare la sfida più difficile di sempre, commerciale e politica insieme: quella mossa da Paesi che si affacciano come protagonisti sulla scena della storia contestando i suoi valori e proponendosi di scalfire il suo benessere. Non è a questa Europa che rimanda la nostra plurisecolare storia. Né è essa che avevano in mente i suoi Padri Fondatori.