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mercoledì 22 dicembre 2021

Oggi la vera provocazione è dirsi "Buon Natale"

Buon Natale, come una speranza, come una provocazione, come due parole che sembrano fuori moda, da rimettere insieme anche se non ci credi e vale di più proprio se lo fai adesso

Vittorio Macioce

Buon Natale, come una speranza, come una provocazione, come due parole che sembrano fuori moda, da rimettere insieme anche se non ci credi e vale di più proprio se lo fai adesso, con questo tempo buio che non vuole finire e ritorna come una tassa da pagare appena spunta l'inverno. Buon Natale perché si fa fatica a dirlo e non ti viene la (...)

(...) fantasia di dire andrà tutto bene e pensi al modo più lieve di fare gli scongiuri. Buon Natale per scacciare la paura, che ti segue passo dopo passo, e ti circonda e la respiri dietro ogni parola, sotto gli sguardi, con il domani che ti annuncia un nuovo motivo per preoccuparsi, e si mischia alla rabbia, alla frustrazione, al «non se ne può davvero più», con il prezzo della sicurezza che sale e vale più di oro, di incenso e di mirra.

Buon Natale perché non te lo dice più nessuno, un po' perché c'è timore di prometterlo e un po' perché di questi tempi c'è il rischio che qualcuno si offenda, come se il Natale fosse contro qualcuno, contro chi viene da lontano, come un peccato, un senso di colpa, una bestemmia verso la religione laica universale, dove per rispettare il Dio di ognuno si finisce per cancellare quello di casa e qui non c'entra mica la fede. È solo l'idea surreale e burocratica che per accogliere il prossimo devi mostrarti anonimo e nascondere i segni di quello che sei o che eri o che i tuoi morti sono stati. Asettico, come un corpo di plastica, senza più carne, senza più rughe e cicatrici. È per questo forse che per scambiarsi gli auguri si resta nel vago, mischiando sacro e profano, il 25 e Capodanno, senza rinunciare al cenone e cavandotela con un «buone feste». Non importa quali. Buone feste sui biglietti rettangolari e bianchi. Buone feste scambiandosi i regali. Buone feste nei messaggini virtuali. Buone feste nei saluti in ufficio. Buone feste sorridenti che ti arrivano dalla televisioni. Buone feste nei discorsi di fine anno. Buone feste per dare a Cesare quel che è di Cesare. Buone feste perché tanto c'è poco da festeggiare.

È qui allora la provocazione. Buon Natale come una rivolta, per andare contro corrente, perché davvero nessuno avrebbe mai potuto immaginare che la ricorrenza più tradizionale sarebbe diventata clandestina, catacombale, come una parola scostumata. Il Natale come un'insidia, da mettere in quarantena, da festeggiare come una festa, con le lucine ma senza senso, come una concessione. Buon Natale anche se magari non te ne frega nulla. No, non sarà una parola magica. Non ti salva dalla realtà. Non è neppure una pubblicità dove cantare tutti insieme o un cinepanettone. È sicuro che non torneranno più i Natali di una volta. Buon Natale, questa volta, è solo per sentirsi vivi.


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