Il sindaco Pd di Bibbiano, Andrea Carletti, agli arresti domiciliari
dall’inizio dello scandalo, ha chiesto per la seconda volta la revoca
degli arresti con una memoria presentata al gip dal suo avvocato. La
prima richiesta era stata respinta.
Carletti ha anche ribadito che non intende dimettersi. E in questo è appoggiato da tutto il Pd. Sa cose.
Intanto lo scandalo si allarga. Sembra che il foro aperto a Bibbiano
stia facendo crollare la diga del silenzio in Emilia Romagna.
A Forlì fioccano le denunce. E la maggioranza leghista ha cheisto
infatti in Consiglio comunale, tramite una mozione, la costituzione di
una commissione consiliare d’indagine sulla rete dei servizi sociali per
l’infanzia, sull’attivita’ degli educatori e sul sistema degli affidi.
Il PD si è opposto. Nonostante l’assessore al Welfare, Rosaria
Tassinari, abbia spiegato che “le segnalazioni fioccano in questo
momento, anche sui social”, e che con la commissione d’indagine se ne
capira’ la fondatezza. Ma dal Partito democratico arriva un no e la
proposta di istituire una commissione d’inchiesta e non di indagine.
Vogliono insabbiare. Non si deve sapere.
Scontro anche a Ferrara, dove è stato approvato l’ordine del giorno
della Lega che chiede verifiche sui contributi alle famiglie: il Pd si è
opposto. Vogliono insabbiare. Non si deve sapere.
E più vanno avanti le indagini e più la verità sul «modello Bibbiano»
stanno venendo alla luce. E i contorni della vicenda sono
agghiaccianti. L’ultima parlare con gli inquirenti è stata Cinzia
Magnarelli, assistente sociale.
La pentita di Bibbiano ha confessato di aver falsificato alcune
relazioni affinché i giudici del Tribunale dei Minori strappassero i
bambini alle proprie famiglie e li dessero in affido. «Ci spingevano
sempre ad agire così», ha dichiarato l’assistente sociale.
Accusata di falso ideologico, frode processuale, violenza privata e
tentata estorsione, la pentita di Bibbiano, nella sua confessione al gip
Luca Ramponi, ha ammesso che «è vero, ho modificato quelle relazioni,
ma l’ho fatto a causa delle pressioni che subivo dai miei superiori. Mi
sono adagiata per del tempo, ma poi non ce la facevo più: per questo ho
chiesto il trasferimento». Un trasferimento ottenuto nel settembre 2018,
dopo che il peso della sua attività era diventato insostenibile. «Io ho
sempre pensato di muovermi nella massima tutela per i minori», ha
dichiarato la Magnarelli. Che poi spiega: «Il motivo per cui ho deciso
di fare richiesta di trasferimento dal servizio che stavo svolgendo a un
altro servizio, sempre nella pubblica amministrazione, è che mi ero
resa conto che il servizio sociale utilizzava come criterio principe il
controllo invece dell’aiuto».
La pentita di Bibbiano passa quindi a illustrare il modus operandi
dei suoi superiori: «Laddove certe problematiche si sarebbero potute
risolvere con il supporto alle famiglie – ha spiegato la Magnarelli – si
prediligeva comunque la valorizzazione degli elementi che potevano
portare a una richiesta di trasferimento del bambino a sede diversa da
quella familiare. Nel corso del tempo ho metabolizzato il funzionamento
del sistema. Il lavoro che facevo all’interno dell’equipe veniva
criticato dai miei superiori. Nelle relazioni che sarebbero poi state
mandate alla magistratura c’era sempre una predilezione per una visione
dell’educazione del bambino scollegata dalla famiglia. Non veniva
ritenuto equo e adatto il supporto all’interno della famiglia». In
pratica, a detta della pentita, i suoi superiori tentavano in ogni modo
di strappare i bambini alle proprie famiglie per darli in affido. Spesso
e volentieri ricorrendo a documentazione falsificata.
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