Sono passati 2 anni e due esecutivi – e in mezzo la debacle elettorale della sinistra, incassata a fatica il 4 marzo – da quando l’allora presidentessa della Camera, Laura Boldrini, femminilizzò diciture, carte e badge in circolazione a Montecitorio, costringendo addetti ai lavori e accademici della Crusca a una repentina inversione di tendenza linguistica, cominciando proprio dai gruppi parlamentari chiamati ad attuare le modifiche delle cariche dei dipendenti della Camera, declinandole al femminile. Ma da oggi, con l’iniziativa di un gruppo di deputate del Carroccio, si inserisce la retromarcia e, preso atto che lo stesso colpo di spugna passato dagli elettori sul Pd e sulla “presidenta” può essere passato pure sulle carte intestate, i tesserini, i cavalieri e i siti del Palazzo, si ritorna alla tradizione maschilista spazzata via nel 2016 dal provvedimento boldriniano.
Intestazioni femminilizzate dalla Boldrini: si cambia
E così, come riporta Libero, «alla faccia della Boldrini, non fosse che i soldi spesi dall’ex presidente della Camera per “femminizzare” tutte le carte intestate e i badge della Camera erano i nostri»… «Nelle comunicazioni ufficiali, per esempio, la leghista Erika Stefani fa scrivere testualmente “il signor ministro Erika Stefani”, mentre sul sito del governo le parole “ministra” e “sottosegretaria” sono scomparse per tutte le donne componenti dell’esecutivo». Insomma, niente più consigliera in luogo del canonico consigliere, e stop all’interprete-traduttore diventato all’occorrenza anche traduttrice, con buona pace delle deputate pasionarie – molto poche, per la verità – favorevoli all’inedita declinazione al femminile che, invece, moltissime altre colleghe hanno ritenuto, e da subito, discriminatorie al quadrato. Un’iniziativa, quella dei nuovi “indirizzi in tema di linguaggio di genere” targata Boldrini, datata 2016 e rispedita al mittente oggi, considerata dal suo esordio, sempre e comunque un passo indietro, anacronistica almeno quanto formalmente risibile. La parità di genere, insomma, non passa necessariamente per la grammatica: e così oggi, con l’iniziativa della deputate leghiste, le intestazioni al femminile sono rinnegate e resettate. Contrordine compagne, anzi compagniFonte