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venerdì 1 settembre 2017

Bechis: nomi e numeri delle coop che si arricchiscono con gli immigrati



Il business dell'accoglienza

C’è una sola cooperativa sociale di rilievo che si occupa di gestione e accoglienza dei migranti che nel 2016 non è riuscita ad aumentare il suo giro di affari: è il consorzio Eriches 29 di Roma che un tempo era guidato da Salvatore Buzzi e oggi per sua sfortuna è controllata dal tribunale di Roma che ne sequestrò le quote quando scoppiò lo scandalo di Mafia Capitale. Ma è un caso più unico che raro: perché nell’ultimo anno chi si è occupato di migranti e nella maggiore parte dei casi ha gestito gli Sprar ha fatto affari così straordinari con le cooperative sociali o i consorzi che ne raccolgono alcune che quelle imprese sembravano vivere in tutt’altra parte di Italia. Basta pensare che con le 45 più rilevanti che hanno depositato presso la camera di Commercio locale il proprio bilancio al 31 dicembre 2016 si raggiunge un fatturato di 367,7 milioni di euro. Le stesse società nel 2015 avevano complessivamente fatturato 294,5 milioni di euro. La crescita complessiva del loro giro di affari è stata dunque superiore ai 73,1 milioni di euro in un solo anno, pari ad un aumento del 24,81% sul giro di affari dell’anno precedente. Nessun altro settore produttivo italiano può vantare risultati di questo tipo in un anno dove si è cominciata a vedere una timida crescita, mai però a due cifre.

Le coop che si arricchiscono con i migranti: nomi e numeri
Se si guarda l’utile netto conseguito dalle 45 coop sociali che si sono occupate di migranti il risultato è ancora più strabiliante: era di 3,4 milioni di euro nel 2015, è salito a 6,5 milioni di euro nel 2016, con una crescita assoluta di 3 milioni e percentuale del 90,5%. La cifra può sembrare esigua rispetto al giro di affari, ma qui non siamo di fronte a società per azioni o a multinazionali, e bisogna tenere presenti regole e tradizioni delle cooperative sociali, che più o meno vengono tutte dalla Lega Coop, dalla Confcooperative, dalla chiesa cattolica o da movimenti cattolici.
Fra quelle 45 coop solo 4 hanno visto nel giro dell’ultimo anno ridursi il fatturato per il taglio di alcune commesse pubbliche, ma di quelle quattro tre hanno comunque aumentato la propria redditività rispetto all’anno precedente. L’utile è aumentato per 35 cooperative, mentre per dieci si è ridotto. Ma di queste dieci ben 9 sono comunque riuscite ad aumentare il proprio giro di affari sperando di fare lievitare il margine nel 2017.

IL CASO BUZZI
La sola coop che invece è in negativo sia per fatturato che per utile è appunto la sopra ricordata Eriches 29 che oggi viene gestita dal tribunale di Roma che ha nominato alcuni professionisti al vertice. Forse è un caso, ma forse non lo è che la sola coop di settore per cui i migranti non siano un business è quella su cui è strettissimo il controllo di legalità. Anche per la Eriches 29 però nel 2017 la situazione potrebbe cambiare in meglio. Lo si legge nella relazione di bilancio in cui gli amministratori fanno una sostanziale rivelazione. «Si precisa», scrivono, «che nei primi mesi del 2017 la Società ha chiesto ed ottenuto dalla stazione appaltante Comune di Roma-Dipartimento Politiche Sociali di rinegoziare la percentuale del co-finanziamento relativo alla commessa Sprar. dal 20% al 5%. Come noto, il 20% del co-finanziamento che rimane a carico del gestore costituisce la principale causa della marginalità negativa della commessa; la riduzione al 5% consente il riequilibrio della stessa, e di tale riequilibrio la Società ne trarrà beneficio seppure limitato al secondo semestre del 2017».
Cosa è accaduto? Che l’ex coop di Buzzi si è portata di proroga in proroga fino al giugno 2017 le regole del vecchio contratto. Ma nel frattempo è intervenuta una novità legislativa, di cui ha beneficiato probabilmente qualche altra coop che gestiva gli Sprar dei migranti già nella seconda parte del 2016: dipende dalla scadenza dei loro contratti e dalle trattative avviate con gli enti locali controparte.
La legge prevedeva che per il finanziamento degli Sprar per l’accoglienza diffusa dei profughi e richiedenti asilo l’80% fosse a carico dello Stato e il 20% a carico degli "enti". In teoria quel 20% doveva essere finanziato dagli enti locali in cui venivano istituiti i centri di accoglienza, ma in quasi tutti i casi i comuni hanno traslato quella norma sugli enti privati che vincevano le gare: le coop sociali che gestiscono quei centri.

Il governo di Matteo Renzi nell’agosto del 2016 ha varato un nuovo decreto che ha portato quella percentuale dal 20% al 5%, e di conseguenza le coop hanno avuto direttamente o indirettamente (attraverso il Comune) un 15% inatteso di redditività in più.
Le due più grandi coop sociali che si occupano di migranti sono la Auxilium e la Senis Hospes entrambe con sede legale a Senise, in provincia di Potenza. Più volte finite entrambe sotto tiro della magistratura (anche in alcuni scampoli della inchiesta su Mafia Capitale), sono legate alla storia di una cooperativa bianca un tempo legata alla compagnia delle Opere: La Cascina, che fa ristorazione. Gestiscono i Cara più importanti, e una sfilza. Ma i problemi giudiziari non hanno intralciato evidentemente i loro affari: l’Auxilium in un anno ha visto aumentare il proprio fatturati da 56,2 a 61,1 milioni di euro e anche l’utile è cresciuto lievemente: da 529mila a 543mila euro. La performance è stata ancora più straordinaria per la Senis Hospes: il fatturato è salito da 26,2 a 42,1 milioni di euro e l’utile da 80mila a 109mila euro. Il risultato straordinario arriva dalla gestione del Cara di Mineo, dal Cara di Foggia e di alcuni Sprar a Roma, Teramo e altri 13 comuni minori. È stata acquisita la gestione anche di un ulteriore Sprar nel comune di Messina. La previsione degli amministratori è di affari a gonfie vele anche nel corso del 2017: «La gestione 2017», scrivono nella relazione sulla gestione, «evidenzia un livello di servizi resi e marginalità in linea con quelle già registrate nel 2016. Nel corso dell’esercizio 2017 la Cooperativa ha in animo in particolare di intensificare i propri servizi resi nel campo socio assistenziale».

Molte cooperative sociali affiancano al business dei migranti anche altro tipo di attività nel campo dell’assistenza sociale: minori, anziani, case famiglia anche per gli italiani. Alcune di loro sono nate in quel settore, e poi hanno colto al volo l’occasione di business che presentavano i rifugiati. Ma non poche sono nate solo negli ultimi anni proprio per esercitare in via esclusiva nel settore dei migranti.
Fra quelle che hanno avuto negli ultimi dodici mesi risultati eclatanti c’è anche la Lai Momo di Sasso Marconi in provincia di Bologna: ha quasi raddoppiato il fatturato (da 3,2 a 5,3 milioni di euro) e più che raddoppiato l’utile netto (da 309 mila a 883 mila euro). È la coop balzata al disonore delle cronache negli ultimi giorni per quell’improvvido commento sui social del proprio mediatore culturale Abid Jee sullo stupro in spiaggia a Rimini, in cui sosteneva che la donna violentata dopo il primo brusco impatto provava piacere. La Lai Momo ha vinto l’appalto per la gestione dello Sprar di Bologna insieme ad altre coop, e si è creata in questi giorni tensione con il committente.Ma non può lamentarsi, visti i risultati.
Fra le performance più incredibili quella della Ruah di Bergamo, che ha visto lievitare il proprio fatturato da 4,8 a 9,2 milioni di euro, quasi quadruplicando l’utile: da 82 mila a 284 mila euro.

di Franco Bechis


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