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martedì 25 novembre 2014

PER LUI E’ GIUSTO “OCCUPARE LE CASE POPOLARI”. L’IMPORTANTE E’ CHE NON TOCCHINO LE CASE , I TERRENI I VIGNETI E GLI ULIVETI. DI SUA PROPRIETA’. CONOSCI LA STORIA DI UNO DEI CAPI DEI “CENTRI SOCIALI”? LEGGI QUI

Caruso, dalle canne alla Camera agli squatter nelle case: “Giusto occupare”
Lo davano per disperso in una nuvola di fumo, ma Francesco Caruso, indimenticato protagonista di una semina di cannabis nei giardinetti di Montecitorio (poi smentita, forse per evitare una denuncia) è tornato sulla scena non appena ha sentito puzza di bruciato. A Milano, oggi, stavano sgomberando alcuni edifici occupati dai centri sociali, quale occasione migliore per rientrare sulla scena mediatica al fianco di no global, antagonisti e squatter? Ed ecco che dopo una mattinata di scontri tra i suoi amici e le forze dell’ordine, l’ex guru della sinistra ha parlato, ovviamente giustificando le occupazioni. Delle case altrui…

Il latifondista che attacca i nuovi latifondisti

«Occupare le case sfitte, pubbliche o private, credo che sia un atto legittimo di riappropriazione sociale, come facevano i nostri nonni negli anni Cinquanta che occupavano le terre incolte: solo grazie alle occupazioni delle terre è stato sconfitto il latifondismo».

Caruso con ci ha spiegato, però, se occupassero casa sua lui come si comporterebbe: agli squatter offrirebbe una canna o un calcio in culo?
Mistero dei Don Chischiotte che lottano contro i latifondi altrui. Del resto, lui di latifondi ne ne intende visto che proviene da una famiglia aristocratica della Calabria che vanta numerose proprietà agrarie e rurali, come emerse in articoli di giornale poco prima della sua elezione a parlamentare nelle fila di Rifondazione comunista. Francesco Caruso, del resto, non è nuovo a battaglie border line sul terremo dekka legalità, visto che spesso e volentieri è incappato in disavventure giudiziari. Il no global calabrese, animatore negli anni Novanta di Officina 99 a Napoli, si beccò una condanna in primo grado, ad un anno e 5 mesi di reclusione, per una rapina commessa come “un’iniziativa di autoriduzione ai danni di un supermercato milanese, nel 1999 ma fu assolto poi in appello. Per gli scontri di piazza del 17 marzo del 2001,  è ancora in corso il procedimento penale. Il 3 giugno 2007 è stato condannato a tre anni e quattro mesi di reclusione per una irruzione da parte di un centinaio di manifestanti No Global all’Ipercoop di Afragola, venendo nuovamente assolto in appello nel gennaio 2010. Il 24 aprile 2008 la Corte d’assise del tribunale di Cosenza ha fatto decadere le accuse per intervenuta prescrizione, insieme ad altri 12 no global, dall’accusa di “associazione sovversiva e cospirazione contro lo Stato”.

QUESTO UN ELENCO DELLE SUE PROPRIETA’ AI TEMPI DELL’ELEZIONE ALLA CAMERA (2008)
Il disobbediente Francesco Caruso, candidato di Rifondazione comunista alla Camera, è un latifondista milionario. Lui, che agli elettori promette l’esproprio delle seconde case, è proprietario di uliveti, vigneti, terre da agrumi, terreni da pascolo e immobili, sparsi tra vari comuni in provincia di Cosenza, frutto del generoso lascito di uno zio.
La visura catastale su terreni e fabbricati intestati al leader dei no global meridionali Francesco Saverio Caruso, è lunga sette pagine. Nei comuni calabresi di Longobucco, Calopezzati, Corigliano Calabro, nel Cosentino, il giovane no global è un padrone a cui dare del voi. Ha proprietà, immobili e terre, per un valore enorme. Sei appezzamenti tra terreni da pascolo e uliveti in località Calopezzati. Una frazione di un vasto agrumeto a Corigliano Calabro, metà proprietà di due terreni da 15 e 9 ettari a Longobucco, dove possiede anche una frazione di due appartamenti di 5 locali. Nella sua rendita catastale figurano poi altri 35 terreni (vigneti, uliveti e pascoli) sempre a Longobucco. Tra cui un uliveto di 54 ettari e un altro di 60, un querceto di 22 ettari, un frutteto di 38 ettari, poi pascoli e campi a perdita d’occhio. Nel complesso, una proprietà da latifondista coi fiocchi.
Ma anche da papà e mamma non è mancato nulla al giovane Francesco, antagonista cresciuto negli agi della ricca famiglia beneventana prima di trasferirsi nell’Officina 99 e nel centro sociale Ska di Napoli, dopo l’università a Bologna, la laurea all’Istituto universitario Orientale di Napoli e la scoperta del mondo dei centri sociali. Con i genitori e il fratello ha vissuto per anni, fino alla fine del liceo, in un superattico di 350 mq nel centro storico di Benevento, nella lussuosa via Calambra. Appartamento in cui la famiglia Caruso stava in affitto, con un canone di favore. Proprietaria dell’immobile erano infatti le Ferrovie dello Stato, di cui il padre era – oggi è in pensione – un dirigente, chiamato a Benevento dalla sua Calabria per realizzare un importante intervento infrastrutturale sulla rete della città campana. E forse il contrappasso, la carriere edipica di Francesco, comincia proprio così, dal padre. Ingegnere capo delle Fs, governatore regionale dei Rotary, fu propio lui a progettare le infrastrutture dell’Alta velocità a Benevento, un viadotto e il tunnel ferroviario, opera che oggi permette di viaggiare in eurostar da Benevento a Foggia in poco più di un’ora. Strano pedigree per il movimentista che blocca i binari, sabota i cantieri e promette battaglia agli alleati che tentennano sul no alla Tav. «Quando ero piccolo mio padre mi diceva: se vai alla manifestazione ti rifilo due ceffoni. E io col cavolo che ci andavo». Per diventare ribelle Francesco ha aspettato la maturità. Adesso può vantarsi di avere 12 avvocati per le sue 29 cause giudiziarie aperte. Al Rotary ha preferito il Chiapas, ma alle proprietà non ha rinunciato.
Qualcuno dica a Bertinotti che il curriculum del suo capolista in Calabria sembra uscito dai registri di uno yacht club di Montecarlo. O forse il leader già lo sa, perchè non è così nuovo il caso di un antagonista che sotto il materasso nasconde un patrimonio da ricco borghese. Ma Caruso li supera tutti, e anche in questo è un no global sui generis: l’unico che partecipa ai cortei in bicicletta per non faticare, e che a Seattle, dopo un assalto al McDonalds’s interrogato dalla Cnn sui motivi della protesta così rispondeva: «Nun lo saccio, chillo panino è bbuono assai». Ma lo conoscono meglio a Benevento, dove le malelingue stavolta aggiungono: «Tanto se gli va male in politica, i soldi per arrivare a fine mese non gli mancano di certo». Per lui, San Precario non ha bisogno di preghiere.



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