Allarme sbarchi, la Sicilia scopre il business dell’accoglienza
In arrivo migliaia di migranti, i porti diventano tendopoli. E i centri straordinari spuntano come funghi: 50 euro al giorno per ogni migrante ospitato da case di riposo, locande, alberghi, comunità
SE CONTINUA così come teme il ministro Alfano, la Sicilia rischia di trasformarsi presto in una grande tendopoli a cielo aperto. A Pozzallo, la nuova “Lampedusa” di Sicilia, dove l’emergenza ormai continua da mesi nell’indifferenza generale, erano già pronti. Il prefetto Vardè aveva convocato una riunione straordinaria del Comitato per l’ordine e la sicurezza ancor prima che il ministro degli Interni, nella notte, facesse scattare l’allarme rosso. E così, a fronte di 500 nuovi arrivi, in un sol giorno, si è riusciti a trovare sei grandi tende da campo. Tende militari sono state montate a tempo record anche al porto di Augusta dove ieri sono sbarcati in 1200. Dare un “tetto” ai migranti soccorsi in mare dai mezzi della Marina militare e depositati sulle banchine dei porti siciliani.
Adesso, “chiusa” Lampedusa dove il centro di prima accoglienza è sbarrato per i lavori di ristrutturazione, la vera emergenza alla quale i prefetti di mezza Sicilia devono far fronte è proprio questa: la prima accoglienza dei migranti che, a migliaia e tutti in sol colpo, vengono sbarcati dai mezzi navali sulle banchine di porti dove non c’è alcuna struttura predisposta per tutto quello che a Lampedusa una catena di assistenza ormai collaudata faceva in automatico e in modo assolutamente efficiente: visita medica, vestiti asciutti, cibo, acqua, mediazione linguistica, assistenza psicologica, personale specializzato per i bambini, forze di polizia in numero adeguato per tutte gli adempimenti di legge: identificazione, impronte, lettura dei diritti, smistamento dei migranti.
Adesso, “chiusa” Lampedusa dove il centro di prima accoglienza è sbarrato per i lavori di ristrutturazione, la vera emergenza alla quale i prefetti di mezza Sicilia devono far fronte è proprio questa: la prima accoglienza dei migranti che, a migliaia e tutti in sol colpo, vengono sbarcati dai mezzi navali sulle banchine di porti dove non c’è alcuna struttura predisposta per tutto quello che a Lampedusa una catena di assistenza ormai collaudata faceva in automatico e in modo assolutamente efficiente: visita medica, vestiti asciutti, cibo, acqua, mediazione linguistica, assistenza psicologica, personale specializzato per i bambini, forze di polizia in numero adeguato per tutte gli adempimenti di legge: identificazione, impronte, lettura dei diritti, smistamento dei migranti.
“Non c’è più posto, bisogna mobilitare la protezione civile”, è il comune grido d’allarme dei prefetti interessati. A Pozzallo, il minicentro di accoglienza da 180 posti straripa con quasi 600 ospiti ma almeno c’è. Ad Augusta, dove solo ieri pomeriggio dalla nave San Giorgio sono sbarcati in mille in un solo colpo, e a Messina, dove sono arrivati in 360, si fa fronte con i palazzetti dello sport dove, in condizioni assolutamente inadeguate, i migranti bivaccano per giorni. In 279 sono finiti nella tensostruttura sul molo di Porto Empedocle, 300 a Catania. Per il “dopo” ci sono i Cas, parola magica di nuovo conio, creata apposta per l’emergenza, una sorta di rete parallela allo Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati gestito da Comuni e province che ricevono dal Viminale i fondi per mettere a disposizione alloggi e strutture adeguate gestite da associazioni “accreditate” e dotate di tutto il personale necessario e professionalmente formato per assistere i migranti.