Uccisa la 17enne scappata da Vienna con un’amica. Lei voleva tornare in Austria e aspettava un figlio
Tutto ha inizio nell’aprile 2014. Samra Kesinovic, 17 anni, e Sabina Selimovic, appena quindicenne, ambedue figlie di immigrati bosniaci di religione musulmana, scappano di casa e partono da Vienna per raggiungere il confine siriano attraverso la Turchia. Probabilmente sono affascinate dai video diffusi dai «massmediologi» del Califfato, da una ritrovata fede in Allah e, forse, anche dai contatti avuti sul profilo Facebook «Safya al Ghariba» («strana amica»), utilizzato dall’Isis per reclutare le «compagne» dei miliziani. Le due, che non avevano mai dato segni di radicalizzazione prima ed erano considerate studentesse-modello, avevano lasciato lettere identiche infilate in un libro per i familiari: «Non ci cercate. serviremo Allah e moriremo per lui», c’era scritto. Varcata la frontiera turca nella regione di Adan, avevano raggiunto Raqqa. Lì si erano unite a due jihadisti e sarebbero anche state addestrate alla «guerra santa» e all’estremo sacrificio in stile kamikaze.
Quindi erano apparse sui social con il kalashnikov in braccio, diventando ragazze-poster dei terroristi. Carne da propaganda. Alla redazione del settimanale «Paris Match» Sabina aveva riferito via sms di essere giunta nella città siriana dopo aver attraversato a piedi il confine con la Turchia e aveva spiegato che si stava divertendo ed era finalmente libera di professare la sua fede. «Qui sono davvero libera – aveva sostenuto - posso praticare la mia religione, mentre a Vienna non era possibile». Ma le cose dovevano presto cambiare. Alla fine dell’anno scorso, l’Onu aveva fatto sapere che una delle due ragazzine era morta durante una battaglia, senza precisare chi fosse la vittima. E a ottobre, sembra (il condizionale in questa vicenda è perennemente d’obbligo) sconvolta dagli orrori della guerra, Samra avrebbe chiesto di lasciare la città e la Siria.
Ma il permesso le sarebbe stato negato. Lo stesso governo austriaco aveva spiegato che per i foreign fighters non era possibile rientrare in patria. Infine, l’epilogo tragico del suo assassinio, ancora più atroce se è vero che aspettava un bambino. Sarebbero oltre 80 le donne che hanno deciso di aderire all’Isis. La maggior parte (34) viene dall’Europa, tre dall’Italia. Nel rapporto più completo sull’argomento, stilato dalle analiste Erin Marie Saltman e Melanie Smith, dell’International Centre for the Study of Radicalization del King’s College di Londra, si analizzano le motivazioni di queste aspiranti jihadiste dell’ultim’ora: l’isolamento sociale e culturale causato dall’essere donne spesso di origini mediorientali che vivono in società occidentali, la sensazione di fare parte di una comunità - quella islamica - sotto attacco e perseguitata, infine la rabbia e la frustrazione dovute alla mancanza di sensibilità della comunità internazionale di fronte a questo attacco continuo.