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mercoledì 24 settembre 2014

I GIUDICI DEL LAVORO VIETANO DI STABILIRE UN TETTO MASSIMO DI 240 MILA EURO LORDI ANNUI PER I DIPENDENTI DI MONTECITORIO E PALAZZO MADAMA


La Boldrini ha ricevuto una diffida dall’effettuare tagli - Il tetto in sé avrebbe riguardato solo qualche decina di dirigenti o funzionari avanti nella carriera ma nella bozza di delibera si faceva riferimento anche a una rimodulazione degli emolumenti di tutte le altre categorie di personale…

Franco Bechis per “Libero Quotidiano”



La diffida è arrivata nelle ultime ore al presidente della Camera, Laura Boldrini, al collegio dei questori e ai membri dell'ufficio di presidenza di Montecitorio. A inviarla è stata la magistratura del lavoro di Roma a cui si era rivolto l'Osa, uno dei sindacati autonomi dei dipendenti degli organi costituzionali (ha un responsabile alla Camera e uno al Senato).



Nel testo della diffida si intima ai membri dell'ufficio di presidenza di non procedere all’approvazione del documento attraverso cui si accoglie - sia pure in forma diversa-anche dentro i palazzi della politica quel tetto massimo di 240 mila euro lordi annui che il governo di Matteo Renzi ha inserito nella pubblica amministrazione.

Da mesi infatti Camera e Senato si stavano accapigliando sulla necessità di inserire quel tetto anche all’interno delle loro amministrazioni. Le prime ipotesi erano state fatte a inizio estate. Quando stavano per essere approvate, è andata in scena la protesta dei dipendenti che avevano assediato con grande scalpore la Boldrini e i suoi collaboratori con ironici battimano. Una sorta di atipica manifestazione sindacale (i dipendenti degli organi costituzionali non hanno il diritto di sciopero).

Ora si è saliti di livello, coinvolgendo la magistratura del Lavoro italiana in modo piuttosto atipico, perchè gli organi costituzionali godono di regole particolari e normalmente le questioni del lavoro interne hanno una sorta di arbitrato codificato, che si rimette al giudizio di una apposita commissione a guida politico-istituzionale.

Certo ha facilitato questo imprevisto la lentezza delle istituzioni: l’ufficio di presidenza della Camera doveva varare quel tetto da 240 mila euro (che in realtà è di oltre 300 mila euro lordi) lo scorso 18 settembre. Ma non l’ha fatto, rinviando tutto a fine mese e ora rischiando uno scontro istituzionale molto delicato con la magistratura del lavoro.

Anche se il tetto in sé riguarda solo qualche decina di dirigenti o funzionari avanti nella carriera, nella bozza di delibera che doveva andare in ufficio di presidenza si faceva riferimento anche a una rimodulazione degli emolumenti di tutte le altre categorie di personale. È evidente che se scendono gli stipendi apicali, anche quelli immediatamente sotto debbono essere adeguati per non avere livellamenti salariali a funzioni diverse. In ogni caso il progetto allo studio nelle Camere è ben diverso da quello applicato al resto dei pubblici dipendenti.

 Innanzitutto perchè al tetto ci si arriverebbe gradualmente da qui al 2018. Poi perchè il livellamento è stato pensato come una sorta di contributo di solidarietà provvisorio: nella sostanza una volta raggiunto, l’anno successivo si tornerebbe agli attuali livelli retributivi. Terza differenza: dal tetto di 240 mila euro sarebbero esclusi i contributi previdenziali che verrebbero versati come se lo stipendio continuasse ad essere quello attuale, e quindi non mettendo a rischio gli importi pensionistici previsti anche con il regime contributivo.

Quarta differenza: dal tetto vengono escluse le indennità di funzione- legate all'incarico ricoperto-che possono arrivare al massimo a 60 mila euro l’anno, e che continuerebbero ad essere cumulate. Quindi non esisterebbe un tetto per tutti, e lo stipendio più alto comunque potrebbe essere ancora di 370 mila euro lordi annui (240 mila di base, più 70 mila euro di contributi previdenziali, più 60 mila euro di indennità di funzione), e quella cifra si arriverebbe progressivamente solo nell'arco di un triennio.

Non certo una tragedia (dopo un anno il segretario generale della Camera passerebbe da 478 mila a 453 mila euro lordi annui) , ma il semplice allineamento degli organi costituzionali a una moderazione salariale che nel pubblico impiego ormai è legge, e che comunque si è fatta sempre più strada anche nelle imprese private.


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