Il
ministro degli Esteri: "Possiamo accogliere centinaia di migliaia di
persone se solo costruiamo una politica comune". Vaneggia di "politiche
comuni sull'immigrazioni", senza rendersi conto che proprio su questo
tema la Ue è già evaporata
Il
ministro degli Esteri: "Possiamo accogliere centinaia di migliaia di
persone se solo costruiamo una politica comune". Vaneggia di "politiche
comuni sull'immigrazioni", senza rendersi conto che proprio su questo
tema la Ue è già evaporata
"La crisi c'è, ma penso che l'Europa, con centinaia di milioni di persone, possa accettare centinaia di migliaia di migranti, ma a una condizione: che abbia una politica comune e non pensi di lasciare l'onere ai Paesi di confine".
Chi l'ha detto? Non la casalinga di Voghera (ben più
saggia), non il buonista di turno che vive nel mondo fatato del
"volemose bene", ma il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.
Il titolare della Farnesina lo ha dichiarato in un'intervista a Bloomberg tv: "È incredibile che fino ad ora non avevamo una politica europea sulla migrazione - prosegue - La Turchia non deve essere ritenuta responsabile della nuova crisi dei migranti, con lo sposamento del flusso dal Mediterraneo alla rotta orientale. Ankara può avere invece un ruolo nel contribuire alla soluzione della crisi che ha origini in Siria."
"La Ue ha lentamente iniziato a costruire una politica senza cui la crisi rischia di diventare sempre più grave", ha chiosato il ministro.
Sono dichiarazioni che, nel complesso, lasciano esterrefatti. Non solo e non tanto perché rischiano di produrre l'impressione, errata, che una "politica delle porte aperte" perpetui quell'assenza di controlli che è il ventre molle di tutte le politiche europee sull'accoglienza.
Quanto perché mostrano il distacco tra la visione governo e la realtà. L'onere della gestione dei migranti, i Paesi di confine lo hanno scaricato da tempo sui propri vicini, in un nefasto gioco di scaricabarile che solo un cieco può non (voler) vedere. Il trattato di Dublino che tanto si parla di voler riformare è da tempo stato abolito nei fatti. Che senso ha lanciare vani appelli alla solidarietà europea quando tutti i vincoli che dovrebbero informare una politica comune sono già saltati da mesi?
A giugno, quando la pressione dei migranti era effettivamente concentrata in gran parte su Italia e Grecia le lamentele - sacrosante, per carità - che arrivavano da Roma sono rimaste bellamente inascoltate. Per smuovere gli euroburocrati c'è voluta la crisi di agosto, con centinaia di migliaia di nuovi ingressi. Di cui forse le istituzioni dell'Unione farebbero bene ad occuparsi, senza parlare a sproposito di accoglierne altri con il solo metro della proporzione tra milioni e migliaia. Il livello è quello delle chiacchiere da bar.
Tra poco verranno a riproporci il caso del Libano che di rifugiati ne ospita milioni (ma è al collasso...). Manca solo la favoletta secondo cui "l'emergenza non esiste, le migrazioni si sono sempre spostate". Andassero in Grecia, a vedere se l'emergenza non esiste...
fonte
Il titolare della Farnesina lo ha dichiarato in un'intervista a Bloomberg tv: "È incredibile che fino ad ora non avevamo una politica europea sulla migrazione - prosegue - La Turchia non deve essere ritenuta responsabile della nuova crisi dei migranti, con lo sposamento del flusso dal Mediterraneo alla rotta orientale. Ankara può avere invece un ruolo nel contribuire alla soluzione della crisi che ha origini in Siria."
"La Ue ha lentamente iniziato a costruire una politica senza cui la crisi rischia di diventare sempre più grave", ha chiosato il ministro.
Sono dichiarazioni che, nel complesso, lasciano esterrefatti. Non solo e non tanto perché rischiano di produrre l'impressione, errata, che una "politica delle porte aperte" perpetui quell'assenza di controlli che è il ventre molle di tutte le politiche europee sull'accoglienza.
Quanto perché mostrano il distacco tra la visione governo e la realtà. L'onere della gestione dei migranti, i Paesi di confine lo hanno scaricato da tempo sui propri vicini, in un nefasto gioco di scaricabarile che solo un cieco può non (voler) vedere. Il trattato di Dublino che tanto si parla di voler riformare è da tempo stato abolito nei fatti. Che senso ha lanciare vani appelli alla solidarietà europea quando tutti i vincoli che dovrebbero informare una politica comune sono già saltati da mesi?
A giugno, quando la pressione dei migranti era effettivamente concentrata in gran parte su Italia e Grecia le lamentele - sacrosante, per carità - che arrivavano da Roma sono rimaste bellamente inascoltate. Per smuovere gli euroburocrati c'è voluta la crisi di agosto, con centinaia di migliaia di nuovi ingressi. Di cui forse le istituzioni dell'Unione farebbero bene ad occuparsi, senza parlare a sproposito di accoglierne altri con il solo metro della proporzione tra milioni e migliaia. Il livello è quello delle chiacchiere da bar.
Tra poco verranno a riproporci il caso del Libano che di rifugiati ne ospita milioni (ma è al collasso...). Manca solo la favoletta secondo cui "l'emergenza non esiste, le migrazioni si sono sempre spostate". Andassero in Grecia, a vedere se l'emergenza non esiste...
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