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martedì 7 ottobre 2014

“Sentinelle in piedi” Quello scontro sulla famiglia tradizionale


 
Scritto da Diego Fusaro

In questi giorni la manifestazione delle “Sentinelle in piedi” contro il “ddl Scalfarotto” sull’omofobia e transfobia ha suscitato non poco clamore. Come è noto, un gruppo di cittadini è sceso in piazza per rivendicare l’intoccabilità “biblica” della famiglia naturale. I cittadini si sono piazzati in silenzio e in fila nel bel mezzo delle piazze italiane, con i libri alla mano. Nel mentre, è sopraggiunto un altro gruppo di cittadini che ha espresso il proprio disappunto: e l’ha fatto organizzando una contro-manifestando e sostenendo che la sola famiglia è quella ove vi è amore. Da un lato, dunque, le “sentinelle” che leggevano in biblico silenzio i loro libri, e, dall’altra, i contromanifestanti che urlavano scompostamente, tra bandiere policrome.

Al di là della carnevalata della divisione in tifoserie calcistiche pro e contro la famiglia tradizionale, occorre rilevare un aspetto: il fanatismo economico aspira a distruggere la famiglia, giacché essa – Aristotele docet – costituisce la prima forma di comunità ed è la prova che suffraga l’essenza naturaliter comunitaria dell’uomo. Nasciamo in comunità e – con buona pace della Thatcher e dell’individualismo robinsoniano dei neoliberali – l’individuo è già sempre collocato in una comunità originaria, senza la quale non sarebbe possibile. L’individuo si sviluppa e può pensarsi come individuo solo all’interno di un processo di soggettivazione la cui base è sempre e comunque comunitaria. La comunità viene prima. Ora, come anche ho cercato di mostrare nel mio recente “Il futuro è nostro” (Bompiani, 2014), il capitale vuole vedere ovunque atomi di consumo, annientando ogni forma di comunità solidale estranea al nesso mercantile.

Essere per la famiglia tradizionale non significa essere necessariamente omofobi: anzi, si può benissimo pensare che la famiglia esista e vada tutelata e, insieme, che le coppie gay abbiano tutto il sacrosanto diritto di esistere e di instaurare rapporti in forme legalmente tutelate. Chi ha detto che una cosa esclude l’altra? L’opposizione tra famiglia e coppie omosessuali è falsa e, di più, gravida di quell’ideologia capitalistica che mira a dividere per comandare.

Del resto, l’abbinamento famiglia-omofobia è ideologicamente funzionale allo smantellamento della famiglia, come se essa fosse, in quanto tale, “omofoba”. Si può benissimo ritenere che la famiglia esista (in buona compagnia, peraltro, con Hegel e Aristotele) e, insieme, che gli omosessuali abbiano tutto il diritto di esprimere liberamente i loro sentimenti. L’omofobia e la distruzione della famiglia in nome della lotta all’omofobia sono, del resto, due poli complementari, ugualmente sotto il segno dell’integralismo economico: il primo consiste nell’oscena violenza contro l’omosessuale; il secondo nella non meno oscena violenza ai danni della famiglia tradizionale in nome della difesa dell’omosessuale.

Da contestare è, appunto, tale logica del “tertium non datur”: si può, infatti, tranquillamente riconoscere l’esistenza della famiglia tradizionale e, insieme, la piena legittimità del rapporto omosessuale. Questa è, almeno, la posizione che a me pare più di buon senso, al di là delle sempre in voga tifoserie di marca calcistica.

Ragazzi che andate a protestare contro la famiglia quando non potete concretamente farvene una (a causa del precariato, della disoccupazione, dei tagli alla spesa pubblica): quando capirete che state facendo il gioco del capitale? Quando capirete che state lavorando per il re di Prussia? È il capitale che, in nome della flessibilità e della precarietà, sta distruggendo la famiglia come luogo della stabilità affettiva e sentimentale. E voi - che lo sappiate o no - siete dalla parte del capitale.

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