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giovedì 2 ottobre 2014

De Magistris: Napolitano fu indagato per tangenti durante la stagione di Mani Pulite



2 ottobre – Alessandro Sallusti: “Sta di fatto che Napolitano fu l’unico politico a non finire al gabbio a fronte della confessione di un imprenditore che sosteneva di aver versato 200 milioni di lire alla sua corrente. Come mai nessun politico del Pci, partito di cui Napolitano era leader, finì nei guai?”…
La notizia non è propriamente inedita, ma se a rilanciarla con forza è un ex pm manettaro nonché sindaco della terza città italiana, l’effetto è assicurato: Giorgio Napolitano fu indagato per tangenti durante la stagione di Mani Pulite. Se la cavò, anche se all’epoca – cosa più unica che rara – nessuno ne seppe nulla perché la sua iscrizione nel registro degli indagati fu secretata e – cosa altrettanto anomala – il segreto resistette alla curiosità di giornalisti e politici.

Un trattamento speciale, insomma, che Luigi De Magistris, fino a ieri sera sindaco di Napoli, ha voluto ricordare forse come primo atto della sua vendetta per la condanna (abuso d’ufficio), e conseguente sospensione dalla carica di primo cittadino, in base alla legge Severino.
Per De Magistris, a Napolitano – e non ai ripetuti e clamorosi svarioni da pm – si devono le sue disgrazie: prima la cacciata dalla magistratura, poi da sindaco. Un complotto, insomma, al quale crede solo lui. Perché Napolitano dovrebbe avercela tanto con lo sciagurato ex magistrato, non è chiaro.

Evidente è invece il tentativo di De Magistris di inquinare i pozzi della politica utilizzando informazioni che aveva acquisito vestendo la toga. E questo la dice lunga su chi aveva e ancora oggi ha in mano la nostra giustizia.

All’epoca dei fatti l’attuale Re Giorgio era presidente di quella Camera che si arrese alle toghe. Le quali riuscirono a fare breccia nell’immunità parlamentare ottenendo proprio da lui che le votazioni sulle autorizzazioni all’arresto dei deputati passassero da segrete a palesi. Fu la sua una scelta morale, un favore, uno scambio conveniente? Chi può dirlo.

Sta di fatto che Napolitano fu l’unico politico a non finire al gabbio a fronte della confessione di un imprenditore che sosteneva di aver versato 200 milioni di lire alla sua corrente. Non più segreto il voto, segreta l’indagine, segreta pure l’assoluzione. E un bel segreto che resta ancora sullo sfondo: come mai nessun politico del Pci, partito di cui Napolitano era leader, finì nei guai? Forse nel «pizzino» di De Magistris c’è un indizio di risposta.

Alessandro Sallusti

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