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giovedì 9 ottobre 2014

Da maestra elementare a jihadista sotto il Califfato. Storia di Khadija, partita per instaurare «il vero islam» e scappata dalle «crocifissioni»


La ragazza di 25 anni si è fatta sedurre da un religioso. Dopo aver visto violenze sulle donne e decapitazioni, ha capito che «lo Stato islamico è peggio del regime»

Khadija (nome di fantasia) è una ragazza siriana di 25 anni, convinta da un religioso a unirsi allo Stato islamico a Raqqa per «instaurare il vero islam» e scappata in Turchia dopo aver visto troppe violenze sulle donne, decapitazioni e crocifissioni. Alla Cnn ha raccontato la sua storia celandosi dietro al niqab che i terroristi le hanno insegnato a portare ogni giorno.

isis-isil-stato-islamico-terroristaLA GUERRA CIVILE. Prima che scoppiasse la guerra civile, Khadija era una ragazza laureata come tante altre che lavorava come maestra in una scuola elementare. Quando è cominciata la rivolta, è scesa in piazza come tanti, poi però è cominciato il disordine: «Tutto è scivolato nel caos: l’Esercito libero siriano, il regime, le bombe, i feriti, i morti, gli ospedali, il sangue. Veniva voglia di trovare un posto dove rifugiarsi: il mio problema è che mi sono rifugiata in un posto ancora peggiore».

«IL VERO ISLAM». Khadija ha incontrato su internet un religioso tunisino che le ha spiegato come lo Stato islamico fosse molto diverso da come la stampa lo dipingeva. «Mi diceva spesso: “Instaureremo il vero islam. Ora siamo in stato di guerra, una fase in cui abbiamo bisogno di controllare il paese, quindi dobbiamo agire con durezza”».




siria-raqqa-francia-stato-islamico-donne2POLIZIA FEMMINILE. Alla fine si è fatta convincere a trasferirsi con la famiglia a Raqqa, capitale siriana del Califfato, dove già viveva una sua parente: «Ho sentito mia cugina, sposata a un uomo dello Stato islamico, che mi ha detto che avrei potuto unirmi alla brigata Khansa’a», il temuto gruppo di polizia formato solo da donne incaricate di garantire il rispetto della morale pubblica. Dopo aver convinto la famiglia perché la seguissero a Raqqa, si è trasferita unendosi alle altre 30 donne della brigata Khansa’a.

«SPIETATI CON GLI INFEDELI». La ragazza racconta le sue principali mansioni per uno stipendio di 200 dollari al mese: verificare che tutte le donne per strada portassero il niqab e che nessuna facesse cose immorali, come «mostrare gli occhi». Chi violava la legge veniva frustato da Umm Hamza, la donna che guidava il gruppo: «Non è una normale donna. È enorme, porta un kalashnikov, una pistola, una frusta, un pugnale e veste sempre il niqab». Per tranquillizzare Khadija al suo arrivo, Hamza le disse: «Non temere. Noi siamo spietati con gli infedeli, ma misericordiosi tra di noi».

crocifissione-ragazzo-stato-islamicoI PRIMI DUBBI. Non era così. All’inizio Khadija era «contenta del mio lavoro, godevo di grande autorità. Ma col tempo ero sempre più spaventata per la mia posizione: ho iniziato ad avere paura anche di me stessa». Così cominciò a pensare: «Io non sono così. Sono laureata in educazione. Non dovrei essere così. Cosa mi è successo? Che cosa nella mia mente mi ha portato a venire qui?».




CROCIFISSIONI E DECAPITAZIONI. A farle cambiare definitivamente idea, tanto da dire che «lo Stato islamico è peggio del regime», sono stati tre avvenimenti. Prima di tutto, la vista di una foto diffusa online di un ragazzo di 16 anni accusato di stupro e crocifisso dallo Stato islamico. Poi «la cosa peggiore che abbia mai visto, la decapitazione di un uomo davanti ai miei occhi». Infine, il trattamento riservato alle donne che venivano date in spose ai jihadisti: «Erano brutali con le donne, anche quelle che sposavano. In molti casi le donne finivano all’ospedale per le violenze e gli assalti sessuali subiti».

«NE AVEVO ABBASTANZA». Quando Hamza cominciò a pretendere che Khadija si sposasse, «ho capito che ne avevo abbastanza. Dopo tutto quello che avevo visto, rimanendo in silenzio perché “siamo in guerra, poi tutto si aggiusterà”, questo mi ha convinto a scappare». Così se ne è andata insieme alla sua famiglia, che ha lasciato in Siria per trasferirsi da sola in Turchia.

isis-isil-stato-islamico-terrorista-siriaTORNARE COME PRIMA. Oggi Khadija porta ancora il niqab perché «voglio che ogni cambiamento sia graduale, non voglio passare da un’immersione totale nella religione al suo rigetto». Spesso si chiede «come abbiamo potuto fare entrare questa gente nel nostro paese? Come abbiamo potuto permettergli di comandarci? Siamo stati deboli».
Il desiderio più grande di Khadija è tornare quella che era una volta, prima della rivoluzione siriana: «Una ragazza felice, che ama ridere e ama la vita, che ama viaggiare, disegnare, camminare per la strada ascoltando la musica con le cuffie senza aver paura di quello che la gente pensa. Vorrei tornare quella ragazza».

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