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venerdì 19 settembre 2014

IL PAPA’ DI RENZI? COME “TOTO’ TRUFFA”: SAI A CHI AVEVA INTESTATO L’AZIENDA DI FAMIGLIA? LA STESSA CHE HA ASSUNTO “PER FINTA” L’EBETINO?



Indagato il padre di Matteo Renzi, Tiziano. L’inchiesta riguarda la Chil Post, l’azienda di distribuzione di giornali fallita nel 2013: il papà del premier l’aveva venduta nel 2010, ma l’anziano acquirente, oggi, si definisce solo un “prestanome”. Insomma, ci sono molti elementi che contribuiscono a definire il giallo (tanto che restano da chiarire parecchi movimenti societari).

Il curatore - All’epoca del fallimento della Chil Post, il curatore fallimentare avrebbe rilevato passaggi sospetti dai rami d’impresa e uscite di denaro ingiustificate. Oggi, l’accusa nei confronti di Tiziano Renzi è quella di bancarotta fraduolenta. L’avviso di garanzia gli è stato notificato quattro giorni fa, in coincidenza con la richiesta di proroga di indagini (il premier sapeva dell’avviso di garanzia, dunque, già da lunedì).

Organigrammi - A rendere più complicato il quadro – come spiega Giacomo Amadori su Libero in edicola oggi, venerdì 19 settembre – il fatto che nei vari passaggi azionari e di gestione della società è stato coinvolto lo stesso Matteo Renzi che, insieme alle sorelle, ne è stato anche amministratore, per la precisione tra il 1999 e il 2004. Per un breve periodo l’attuale premier, all’epoca 22enne, era risultato anche dipendente della Chill Spa. Una circostanza, quest’ultima, che fu al centro di polemiche quando Renzi fu eletto presidente della Provincia di Firenze, perché Matteo ebbe il distacco dall’azienda dopo averne ceduto il 40% di quote, scelta che consentì di ottenere contributi per 9 anni.

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Se il papà di Matteo Renzi è nei guai, non è che se la passino un granché bene mamma Laura Bovoli e le sorelle Benedetta e Matilde, che sono le azioniste della srl Eventi 6, la società di famiglia che si occupa di strillonaggio e distribuzione di quotidiani e di creazione di eventi speciali soprattutto nel campo della grande distribuzione. Nel 2011 fatturava 3,9 milioni di euro. L’anno dopo la prima battuta di arresto: 3,12 milioni di euro. Nel 2013 caduta verticale: 1,96 milioni di euro. In due anni il giro di affari si è dimezzato.

Si capisce perchè la famiglia Renzi non avesse in gran simpatia lepolitiche economiche del governo di Enrico Letta: i loro affari non sino mai andati così male come quell’anno. La società oltretutto aveva 1,36 milioni di euro di debiti al 31 dicembre 2013, e solo parte di questi (126.178 euro) erano relativi alle rate ancora da onorare del mutuo originario da 184 mila euro concesso dalla banca di credito cooperativo di Cascia per l’acquisto dell’immobile di Rignano sull’Arno da destinare a sede sociale dell’impresa. Nei conti della società anche un finanziamento da 230 mila euro senza interessi erogato dai soci, e cioè da mamma e sorelle di Renzi.

Per cercare di diversificare le attività la società dei Renzi – che aveva fra i principali clienti Conad, Opel, Esselunga e i grandi giornali italiani – si è buttata anche nel settore dei call center. “Essendo presenti in tutt’Italia”, sostengono, “ non potevamo non supportare tutti i nostri ragazzi con un servizio a loro disposizione per poter avere in tempo reale informazioni ed aggiornamenti: un call center dedicato. La struttura del call center oggi serve non solamente come strumento di supporto per le animazioni che si svolgono contemporaneamente in tante piazze d’Italia ma è diventata anche uno strumento per i nostri clienti che lo richiedono, in particolare i quotidiani e il settore farmaceutico, per iniziative spot”. Alla clientela viene offerto anche unservizio di hostess.Ma i Renzi ci tengono a sottolineare che non sono modelle/i. Sono ragazze e ragazzi che sanno comunicare prima ancora che con il corpo con il volto, con il loro sorriso e con la loro capacità di empatia nei confronti delle persone. Abbiamo sempre rifiutato l’idea di mettere a disposizione dei clienti modelli”.

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