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venerdì 9 maggio 2014

L’Italia abolisce il reato di clandestinità e s’inventa la detenzione a casa


FOTO REPERTORIO DI CARCERI PER VOTO SU INDULTO



L’aspetto assurdo della vicenda è che anziché costruire più carceri, l’Italietta nostra, (s)governata a sinistra, s’inventa nuovi machiavellici istituti penali, come la detenzione domiciliare per i reati sotto i tre anni, il braccialetto elettronico e la discontinuità carceraria. Chi dunque commette reati per i quali è possibile ottenere una pena sotto i tre anni potrà stare a casa. Se il reato poi va dai tre ai cinque anni, sarà il giudice a decidere (con tutto quello che ne consegue). Il tutto, valutando il comportamento del “condannato”, la recidiva e la tipologia di reato.
Domanda: e chi invece una casa non ce l’ha, come l’immigrato clandestino? Dove dovrà scontare la propria pena? Beh, qui iniziano a porsi tutta una serie di problemi. Perché è chiaro che se un clandestino non ha una casa e commette un reato, dovrà necessariamente andare in carcere, soprattutto se è recidivo. E allora ecco che non abbiamo risolto un bel nulla con questa storia della detenzione domiciliare. Se poi a codesto pasticcio, aggiungiamo pure l’abrogazione del reato di clandestinità, possiamo affermare con un certo margine di sicurezza che i nostri governanti sembrano non avere alcuna considerazione della sicurezza dei cittadini. E’ chiaro infatti che l’Italia, con questa “intelligentonata” buonista, manda un messaggio forte e chiaro a chi ha intenzione di entrare illegalmente nel nostro territorio: è possibile e le conseguenze non esistono. E certo non ci possiamo consolare con il reato di clandestinità nel caso di reingresso nel territorio dopo un’espulsione. La verità è che non esistono strumenti concreti che permettano una reale espulsione dal territorio. Perciò…
Insomma, come sempre capita, quando a decidere sono i sinistri italici, la cura (rendere la detenzione più umana) è peggiore del male (il sovraffollamento carcerario), perché questa non è determinata dalla ragione e dal buon senso, ma dal buonismo terzomondista di cui sono affetti. Non v’è ragione o logica in simili norme, che semmai peggiorano la sicurezza delle nostre città e rendono le periferie ambienti pericolosi e degradati. E certo non aiuta la buona immigrazione (quella regolare), favorendo semmai gli sfruttatori della disperazione, che possono così incrementare i loro traffici e i loro turpi guadagni, alimentando nei migranti la convinzione (purtroppo quasi vera) che in Italia tutto è lecito… o quasi.
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