Un Giudice di pace di Messina ha condannato tre ragazze al
pagamento di un’ammenda penale di 2.582 € a testa per aver indossato il
bikini in una spiaggia privata di pertinenza di un noto villaggio
turistico di Taormina, frequentato da alcune famiglie islamiche in
vacanza e originarie dell’Arabia Saudita.
Estratto della sentenza:
Agli effetti della legge penale si considerano osceni gli atti e gli
oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore (c.p.
725, 726).
Dunque osceno e comune senso del pudore sono elementi contrapposti,
che esistono proprio in virtù della loro contrapposizione. Il pudore, sentimento di vergogna, di disagio, di repulsione
è tipico dell’individuo quando questi, contro la sua volontà, si trovi
di fronte a manifestazioni altrui non corrispondenti alla propria
educazione e cultura e reputate scandalose per la propria educazione
sessuale.
Il pudore diventa senso comune nel momento in cui la società umana di
appartenenza condivide la stessa sensibilità nei confronti del corpo
femminile il quale in alcune società orientali se non interamente coperto può ritenersi osceno.
La cultura di riferimento gestisce la vita dei corpi ed ogni loro
aspetto e funzionalità, anche il discorso strettamente legato alla
sessualità.
L’osceno sarebbe quindi offesa al pudore, come si evince dall’articolo 527 del c.p.
E’ importante sottolineare come sia il concetto di osceno che quello
di comune senso del pudore non solo si modificano nel corso del tempo
all’interno di una data società, ma cambiano anche da una società all’altra. La comprensione di questi concetti rimanda alla considerazione del corpo e della sessualità.
Le ragazze erano le sole donne a utilizzare un simile costume ed
erano consapevoli che tutte le donne presenti di fede musulmana
indossavano un costume da bagno che ricopriva integralmente tutto il
loro corpo comprese le braccia e le gambe.
Nella fattispecie, il responsabile in villaggio del tour operator
saudita, Dott. Chokri Majouli aveva più volte sollecitato, su richiesta
dei genitori musulmani presenti, le Sig.re – OMISSIS – a
non presentarsi in piscina con quell’abbigliamento che faceva
intravedere tutte le loro fattezze femminili ai ragazzi presenti che,
avendo ricevuto una educazione religiosa musulmana, erano disorientati,
sbalorditi e alquanto eccitati.
Aveva anche spiegato che nella loro cultura, un simile modo di
vestire era tipico di donne che esercitavano il meretricio in case
private senza avere un minimo di riscontro e ricevendo solo risposte
offensive.
Condanno a a euro 2.582, ai sensi dell’art. 15, L. 24 novembre 1999,
n. 468 e dell’art. 4, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (Gazz. Uff. 6
ottobre 2000, n. 234, S.O.).
Cari lettori, voi cosa ne pensate?
Marco Pappuddi – Capo Redattore
fonte: Agenzie di Stampa